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Eventi di rilevanza storica dell’otto/novecento

 

Con la pace di Campoformido (17 ottobre 1797) il territorio della Repubblica di Venezia venne consegnato all’Austria come semplice merce di scambio: meschino epilogo di una plurisecolare storia gloriosa.Nel dicembre del 1805, dopo la battaglia di Austerlitz, Napoleone riconquistò Venezia e il Veneto e li unì al Regno Italico; i francesi vi rimasero per nove anni durante i quali posero in essere significative modificazioni di carattere amministrativo. Con decreto del 7 dicembre 1807 andato in vigore il successivo 22 dicembre, difatti, amplificarono il Dipartimento dell’Adriatico, con capoluogo Venezia, aggregando anche i seguenti comuni: Aquileia, Scodovacca, Piancada, Gorgo, Pertegada, Concordia, San Michele e Ligugnana (già inclusi nel dipartimento di Passariano, dipendente dalla prefettura di Udine), nonchè:Noventa di Piave, San Donà, Fossalta, Meolo, Torre di Musestre, Mestre, Carpenedo, Mojan, Chirignago e Spineda (già inglobati nel dipartimento del Tagliamento, con capoluogo Treviso). Di conseguenza il territorio dell’antica giurisdizione di Latisana fu suddiviso in due municipalità, con capoluoghi Latisana e San Michele, municipalità separate dal Tagliamento ed accorpate in differenti dipartimenti. Per questo gli agglomerati di San Michele e San Giorgio, sino ad allora detti “ di Latisana”, assunsero l’appellativo, tuttora conservato, “al Tagliamento”.

Nel 1814 l’Austria riconquistò il Veneto e la Lombardia e costituì il novello Stato chiamato Lombardo-Veneto. Il governo austriaco lasciò intatto l’ordinamento napoleonico delle ‘municipalità’ e diede mano ad un’opera importantissima per la zona: la realizzazione della prima arginatura a difesa dalle deleterie e periodiche esondazioni del fiume. Venne altresì sistemata ed ampliata la strada che congiungeva Portogruaro a Latisana, abbozzata dai francesi, prolungandola poscia verso levante, fino a raggiungere Trieste.

Nel giugno del 1866 scoppiò il conflitto tra l’Italia e l’Austria, conflitto che gli storici appellarono poi III guerra d’indipendenza. Le truppe italiane entrarono in Friuli e il comandante generale E. Cialdini, attestò parte di esse sul Tagliamento. Da San Michele al mare venne spiegato il 1° Corpo d’Armata; tra Malafesta e Carbona il 40 Corpo d’Armata. L’11 agosto, all’appressarsi degli austriaci, Cialdini fece saltare il ponte sullo Stella a Palazzolo ed affondare quello di barche che collegava San Michele a Latisana. Il mattino del giorno successivo giunse notizia che nel frattempo era stato concluso l’armistizio tra l’Austria e la Prussia (cui noi eravamo alleati). Il 3 ottobre venne firmato il trattato di pace tra l’Italia e l’Austria ed il 21 ottobre il plebiscito sancì l’unione del Veneto e parte del Friuli all’Italia e tutto il Portogruarese venne ritagliato per dare corpo all’estremo lembo orientale della costituenda provincia di Venezia.San Michele ha patito non solo gravi perdite umane quale conseguenza dei due conflitti mondiali ma anche danni morali e materiali ingenti. Dopo Caporetto venne invaso dai contingenti dell’esercito austro-ungarico le cui truppe, nell’anno di permanenza, saccheggiarono quanto trovarono a portata di mano, creando una situazione tragica e desolante. Agli occhi della popolazione, quella che potè farvi ritorno, apparve la distruzione nella cruda realtà: case rovinate e bruciate comprese la chiesa e la canonica, strade sconquassate; persino le campane, ritenute preda bellica, erano state sottratte!

Ma ancor più micidiale si rivelò la seconda conflagrazione mondiale: dal 14 maggio 1944 al 1° maggio dell’anno successivo San Michele subì una sessantina di incursioni aeree alleate, che causarono una trentina di vittime fra la popolazione civile. Il centro storico fu letteralmente raso al suolo: municipio, asilo, scuole elementari, casa di riposo, ufficio postale, banca, chiesa e canonica. Dei 370 edifici esistenti, solamente un’ottantina di essi, disseminati nella periferia del centro urbano, rimasero agibili seppur con danni ai tetti e alle strutture esterne. Per tre anni (dal 15 maggio 1944) la collettività di San Michele trovò rifugio nei paesi viciniori dimorando in abitazioni di fortuna: fienili, stalle, baracche e tuguri fatiscenti. Non a torto quindi sin dall’immediato dopoguerra il martoriato capoluogo comunale si guadagnò l’appellativo di “Cassino del Nord”.