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Nuove scoperte archeologiche a Bibione: tre settimane di scavi nella villa marittima del Mutteron dei Frati a cura delle Università di Ratisbona e di Padova

Le indagini si sono svolte presso l’oasi naturalistica della Valgrande in un sito noto già dal Settecento. Riportati alla luce nuovi ambienti pertinenti alla villa di epoca romana e reperti che testimoniano le fruttuose attività economiche legate alle risorse del mare.

 

L’Istituto di Archeologia dell’Università di Ratisbona, in collaborazione con il Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova, ha concluso una prima campagna di scavi durata dal 21 marzo all´8 aprile 2022 presso un’area di circa 40 m2 aperta a lato di un settore già parzialmente visibile della villa di epoca romana inserita all’interno dell’oasi naturalistica della Valgrande, nel territorio di Bibione (VE).

Le indagini, realizzate anche grazie al sostegno e alla disponibilità dei proprietari e dell’affittuario della tenuta Valgrande, su concessione del Ministero della Cultura in stretto accordo con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’Area metropolitana di Venezia e per le Province di Belluno, Padova e Treviso, hanno restituito nuovi risultati soprattutto riguardo al periodo tardoantico, epoca in cui l’impianto residenziale non solo continuò ad essere abitato ma fu pure ingrandito.
Il team italo-tedesco, sotto la guida del prof. Dirk Steuernagel, ha individuato nuovi ambienti pertinenti al primo impianto della villa, databile agli inizi del I secolo d.C., e ad un ampliamento di epoca tardoantica.

Si tratta di un ulteriore passo in avanti per la valorizzazione dell’area naturalistica di Bibione, come sottolineano le parole di Elena Zuppichin (Assessore Cultura e Politiche Comunitarie – San Michele al Tagliamento): “L’Amministrazione Comunale si complimenta con tutti i soggetti coinvolti, nella convinzione che questo progetto rappresenti una importante occasione non solo per conoscere e approfondire la storia di una parte del nostro territorio ancora poco visibile, ma anche per conservare e per promuovere un patrimonio culturale prezioso, in grado di dare lustro all’intera comunità e di incentivare percorsi di promozione turistico-culturali sostenibili, di avvicinamento all’antichità e al fascino delle scoperte archeologiche”.

Nuove prospettive di valorizzazione per un sito noto già dal 1700
Le prime menzioni di scoperte archeologiche fortuite nel sito della Valgrande si hanno nel Settecento. In seguito furono intrapresi scavi a più riprese, diretti dall’allora Soprintendenza Archeologica del Veneto, tuttavia senza mai riuscire a indagare sistematicamente l’intero complesso inserendolo nel suo ambiente naturale antico e nel quadro delle floride attività economiche e commerciali di allora. Proprio a tale scopo gli archeologi di Ratisbona e di Padova hanno ora elaborato un esteso programma di ricerca che coinvolge anche esperti di geologia, geografia e scienze naturali. Insieme alla Soprintendenza ABAP per l’Area metropolitana di Venezia, si è cominciato già nel 2018 a rilanciare le ricerche sulla villa marittima condividendo i dati archeologici disponibili, riprendendo le questioni aperte e sviluppando nuove prospettive anche per la possibile valorizzazione futura del sito nella cornice naturalistica di grande pregio della Valgrande. Nel corso di due anni, si sono svolte indagini preliminari di diverso tipo, tra l’altro prospezioni geofisiche e primi saggi di scavo, dirette dalla Soprintendenza.

Nel novembre 2021, una squadra italo-tedesca, coordinata dalla prof. Maria Stella Busana dell’Università di Padova, ha condotto ricognizioni archeologiche nell’entroterra della villa, nel Comune di San Michele al Tagliamento (VE), individuando altri siti frequentati in epoca romana e studiando i materiali raccolti per meglio definire la loro cronologia e funzione. Nello stesso periodo, i geofisici di Padova hanno svolto sotto la direzione della prof. Rita Deiana nuove prospezioni geoelettriche, che hanno aiutato a identificare le aree poi interessate dallo scavo.

Valgrande, antica valle da pesca oggi patrimonio naturale aperto al pubblico
La residenza romana oggetto di studio sorgeva sul fianco meridionale di un’antica duna di sabbia (conosciuta con il nome di Mutteron dei Frati, probabilmente risalente all´epoca preistorica) e prosperava verosimilmente grazie alle risorse del mare, in particolare con la pesca e l’allevamento di pesci, come sembra indicare il ritrovamento di pesi di terracotta per le reti. Le imponenti strutture murarie, realizzate in pietra del Carso e di Aurisina, e il lussuoso arredo delle stanze, decorate da affreschi e mosaici, testimoniano inoltre le elevate possibilità economiche dei proprietari.

Ancora oggi la Valgrande è un’area strettamente connessa all’itticoltura. Essa è infatti costituita da un lago centrale e da un reticolo di canali in cui il flusso dell’acqua di mare è regolato da un sistema di chiuse, con peschiere, lavorieri e vasche di svernamento per i pesci che qui si nutrono naturalmente e sono certificati bio-fish. Dal 1600, periodo in cui fu inondata per allevarvi cefali, branzini, orate e anguille, la valle non ha subito grosse modifiche grazie alla gestione accurata dei proprietari, i Conti Ferri de Lazara. I 360 ettari di flora e fauna sono infatti aperti al pubblico ma la presenza dell’uomo viene gestita in modalità slow con percorsi dedicati alle visite in passeggiata o a cavallo, alla mountain bike, al kayak, al nordic walking e al birdwatching. Particolare attenzione va anche alle persone con difficoltà motorie che possono esplorare le bellezze dell’oasi grazie all’utilizzo di golf car elettriche su sentieri tracciati.

La Valgrande è un immenso polmone verde, in cui la ricca vegetazione mescola piante del Nord Europa a specie mediterranee e in cui trovano dimora uccelli stanziali e migratori, tra cui una colonia di fenicotteri, piccoli mammiferi, cavalli bradi e specie introvabili come le testuggini. Per questo è definita Zona di Protezione Speciale e Sito di Importanza Comunitaria.